jueves, 3 de marzo de 2016

Lavorare per vivere o vivere per lavorare?

La mostra che si terrà dal 16 gennaio al 5 marzo 2016 nella galleria d'arte Espacio Minimo di Madrid, ospita concretamente quattro opere dello scultore Juan Luis Moraza. L'artista, ormai più che riconosciuto nel mondo dell'arte, dove comincia a organizzare mostre dagli anni '80, ha già realizzato varie esposizioni in importanti poli museali come il Museo Reina Sofía di Madrid o il Guggenheim di Bilbao. La mostra allestita nella galleria Espacio Minimo è la prima mostra individuale dell'artista e si presenta come lo sviluppo di lavori precedenti come "Implejidades" (2010), "software" (2011) o "república" (2014).
L'artista affronta attraverso le sue opere principalmente il tema del lavoro e ciò che questo rappresenta nella società attuale. Viviamo in un'era in cui vige la legge del capitalismo e del consumismo, in cui l'obiettivo della società è la produzione di massa e si misura il rendimento di una persona attraverso la sua produttività e l'utilità che può apportare all'immensa catena di montaggio che è la società attuale, svalutando così il significato stesso dell'azione e del termine stesso "lavoro". Ma come ben sappiamo, questo è un tema già abbastanza visto al giorno d'oggi. Non è proprio questo ciò di cui trattano le opere di Juan Luis Moraza.
Moraza da uno sviluppo ulteriore al tema e vuole mostrare in realtà la linea sottile che divide il lavoro come obbligo dal piacere di lavorare. Il lavoro non deve essere visto per forza come una sofferenza alienante dell'essere umano. Le sue opere sono esse stesso lavoro ed è in quest'attività dove ogni persona può esprimere la propria intelligenza, creatività, passione ma al contempo sacrificio, dedizione e sforzo. Esiste un confine molto labile tra questi due modi di intendere e affrontare il lavoro, un confine che sembra destinato a sparire in una società e in un mondo in cui il tempo sembra essere diventato denaro, dove chi non corre resta indietro e la competizione è diventata la principale ragione di vita dell'industria. Non si misura più la qualità del lavoro bensì la quantità ed è strumentalizzato qualsiasi aspetto che fa parte della vita dell'essere umano, compreso l'ozio che non viene più inteso come "ricerca del benessere per se stessi" ma come "tempo levato alla produttività e al lavoro". Una vera e propria corsa contro il tempo. È proprio il tempo il protagonista dell'opera "La fiesta como oficio", il suono delle lancette che accompagna come una specie di melodia il passare dei 366 giorni del calendario affissi sulla parete in "Calendario de fiestas laborales". La particolarità delle opere però sta nel fatto che, nella prima il tempo scorre al contrario, e nella seconda i 366 giorni dell'anno del calendario sono il 1° maggio, la festa del lavoro, e ogni foglio reca un aforismo relazionato al tema, come "Il meglio non è il prodotto di una creatività insoddisfatta, bensì di un lavoro soddisfacente" o "Il capitalismo non è altro che l'ultimo passo nella sostituzione del mestiere per un lavoro, e la sostituzione di un lavoro localizzato (fabbrica) e temporizzato (orario), per un lavoro assoluto che resta disperso, esteso- spazialmente, temporalmente e funzionalmente- alla vita intera." Che modo migliore di racchiudere tutto ciò che si vuole esprimere attraverso un aforismo.
Nelle seconde due opere "Erosis (oficios de goce)" e "NOFONDOS", che si collocano nella stessa sala, abbiamo la possibilità di entrare a far parte dell'opera diventando anche noi un blocco di gesso consumato sulle stesse lavagne che si trovano affisse sulle pareti. Il tutto mi è sembrato quasi una metafora dell'attività umana. Ciò che realizziamo è ciò che ci consuma, ma è anche una parte di noi che stiamo cedendo, come dice un altro aforismo nel calendario di Moraza "Nel lavoro preferisco concedermi a vendermi", e noi come persone attive nella società facciamo parte di un tutt'uno, un fondersi di noi e della realtà circostante, in cui lasciamo un segno ed è questo che contribuisce a creare ciò che è fondamentalmente l'esperienza umana. In definitiva, ciò che crea Moraza nelle sue opere.

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